domenica 7 dicembre 2025

Il Paziente Negativo che diventò Positivo, in senso Negativo

Un paziente attende gli esiti medici e telefona al dottore che però è in galleria, creando una catena di equivoci irresistibili: mesi di vita che cambiano a ogni interferenza, diagnosi ribaltate e il paradosso medico tra “negativo” e “positivo”. Un racconto ironico nello stile di Calvino e Campanile.


Quando il telefono squillò, il signor Malesani era seduto composto sulla sedia del soggiorno, con le mani intrecciate sulle ginocchia e la postura di chi attende un verdetto cosmico. Da tre giorni viveva sospeso in una sorta di nebbia mentale, come una marionetta lasciata a mezz’aria. Si era persino dimenticato di spegnere la moka, che ora ribolliva oltre ogni ragionevole limite. Prese il telefono con l’aria di chi compie un gesto irreversibile. «Pronto? Malesani.» 

All’altro capo della linea sentì un fruscio che sembrava il respiro di un animale marino. Poi una voce, troncata, risucchiata, stiracchiata come un nastro magnetico difettoso. «Sì… Malesani… sono io. Allora, ho qui gli es…» Il signor Malesani si irrigidì. Gli “es…” potevano essere esami. O esiti. O esalazioni. Nel dubbio, trattenne il fiato. «Mi dica, dottore… sono pronto.» Seguì un altro fruscio, poi un boato cupo, come quello di una montagna che inghiotte un villaggio. Forse il dottore era in galleria. O nella bocca di un drago. Era difficile distinguere. «Allora… il risultato è… nega…» Poi silenzio. Solo un fischio lontano. «Negativo?» chiese il signor Malesani, sperando di non risultare troppo speranzoso. La voce del medico esplose in un singhiozzo metallico: «…tivo, sì! Nega… ti… vo.» Il signor Malesani spalancò gli occhi. 

Le mani gli caddero in grembo come due asciugamani bagnati. Possibile? Era salvo? Un’ondata di gioia gli attraversò la pancia come un’anguilla illuminata. «Ma allora, dottore, sto bene?» «Asp… no… non… bene… brut…» Ecco. Tutto nuovamente in frantumi. «Brut…» poteva essere brutto. O bruttissimo. O brutale, il che era peggio. Nel dubbio, tornò a sentirsi morire. «Dottore? Non la sento. Che significa brut…?» 

La voce ritornò, ma spezzata in sillabe che parevano uscite da un trattato di fonologia extraterrestre: «Brut… bri… brioche.» «Brioche?» fece il signor Malesani, aggrappandosi alla parola come a una ciambella in mezzo all’oceano. «No! Accidenti, la galleria… dicevo: brutto seg… seg…» «Segno?» domandò il signor Malesani, ora con il tono di chi sta facendo un cruciverba nel mezzo di un terremoto. «Segnale! Non sento… niente… mi sposto…» Fruscio. Esplosione. Una voce distante: «Ginocchia…» «Ginocchia?» ripeté Malesani, ora convinto che il suo corpo stesse cedendo più rapidamente di quanto immaginasse. «No… no… picco… picc… picchi…» «Picchi?» suggerì, sempre più inquieto. «Picchi… picchietto il telefono! Nulla, non va… Aspetti un…» Poi un taglio improvviso. Silenzio totale. Come quando in un teatro gli attori si immobilizzano e il sipario si blocca a metà. Il signor Malesani rimase così, come sospeso sopra un abisso, finché il telefono squillò di nuovo. «Pronto?» «Sì, Malesani… sono uscito dalla galleria… allora, le dicevo… la situazione… è… pos…» La parola “pos” gli arrivò addosso come un camion carico di mattoni. Pos… positivo? Posizione? Possibile? Possibilmente negativo? L’ambiguità linguistica diventò per lui una lama a doppio taglio, oscillante sopra la testa. «Pos… cosa?» chiese con un filo di voce. «Posi… ho posizionato il telefono vicino al finestrino. Ora si sente meglio?» 

Il signor Malesani strinse i denti. «Sì, ma mi dica dei miei esami. La prego.» Il dottore tossicchiò. Intravide nello sfondo un colpo di vento, forse il treno entrava in un’altra cavità geologica. «Dunque. La prima cosa da dire è che il quadro… è… com… con…» «Come?» chiese Malesani, ansioso. «Consistente.» Il paziente si immobilizzò. “Consistente” suonava come la descrizione di un sugo, non di una vita umana. «Consistente… in che senso?» «Ah, no, scusi. Mi riferivo ai fogli. Sono tanti. Vento… cadono… accidenti.» Seguì un rumore come di carte che volavano nella corrente di un fiume sotterraneo. «Dottore, la prego… io non ce la faccio… ho bisogno di sapere.» La linea frusciò come la coda di un serpente. «Allora… il primo referto dice che c’è… una… les…» Lì fu Malesani a saltare dalla sedia. «Les? Lesione? Lesso? Leso?» «Les… leeeeggerrr…» «Legger… leggero?» domandò con un filo di speranza. «Leggermente… sospetto.» Il mondo gli cadde in testa come una cassa di mandarini. «Sospetto? Cioè… pericoloso?» «No! No! Sospetto nel senso che… potrebbero esserci… segni… compat… compa…» «Compatibili con cosa?» L’attesa gli stringeva la gola. «Compatibili con… compatibili con… dalle analisi non emerge nulla di conclusivo. Bisogna contestualizzare.» Il signor Malesani restò muto. Una specie di ottimismo e di terrore si mescolavano in lui in modo del tutto disordinato, come una macedonia preparata da un ubriaco. Poi il dottore aggiunse: «Comunque non si preoccupi. Peggio di così…» Silenzio. 

Quel “peggio di così” non fu completato, perché il treno entrò nuovamente in galleria. E così, per oltre un minuto, il paziente rimase a contemplare l’ipotesi di avere pochi giorni, forse ore, o forse millenni di vita. Poi la linea tornò, ma con un gracchiare apocalittico. «…o un mese di vita…» Il signor Malesani cadde dalla sedia. «UN MESE?» «Cosa? Non ho detto un mese! Ho detto: “Ho messo via la cartella vita-natural-durante”. È un archivio elettronico. La parola “vita”… ha frainteso tutto.» «Ah.» Malesani aveva il cuore che picchiava come un tamburo di guerra. «Quindi non morirò tra un mese…» «Ma no! Si figuri! Chi glielo ha detto?» «Lei! Adesso! Poco fa!» «Io? Ma se non riesco neanche a sentire me stesso…» La vicenda prese un’altra piega quando un nuovo rumore intervenne: un boato seguito da un sibilo. «Oh, accidenti… adesso… sem… sembra che avrà… sei mesi…» «SEI MESI?» Malesani si coprì la bocca. «Cosa? No! Ho detto: “Il treno si è messo a... sei mesi fa non funzionava così l’impianto audio”. Non capisco come abbia fatto a capire il contrario.» Il paziente, stordito, si sedette con la sensazione che la realtà fosse diventata un elastico tirato troppo forte. «Dottore… la imploro… mi dica chiaramente… quanto… quanto mi resta?» Il dottore inspirò rumorosamente, come chi sta per dire una verità scomoda. «Secondo me… un anno.» 

Il signor Malesani svenne. Poi rinvenne per ragioni puramente narrative. «Un anno?» «Sì, un anno. Cioè… un anno fa ha fatto un controllo simile e non era cambiato nulla. Lo sto confrontando.» «Ah.» Il mondo del signor Malesani oscillava avanti e indietro come un pendolo impazzito. Quando la voce del medico si interruppe di nuovo, la sua immaginazione iniziò a suggerirgli scenari sempre più assurdi: funerali anticipati, iscrizione a corsi accelerati di filosofia orientale, la necessità di vendere il divano-letto. L’intera esistenza sembrava ora un mobile IKEA montato al contrario. Il telefono squillò ancora. «Mi scusi… ora la linea è stabile. Senta: i suoi esami sono… nega…» «Ancora negativo? Ma prima era positivo! O sospetto! O consistente! Dottore, la prego… io sto impazzendo.» «No, Malesani, ascolti: i suoi esami sono “negativi in senso positivo”.» «Come scusi?» «Sono negativi… cioè buoni. Tutto a posto. Nessun problema. Lei sta bene.» Il signor Malesani si immobilizzò. Il suo cervello, ormai trasformato in un labirinto di linee telefoniche immaginarie, cercò di processare la frase. «Quindi… non ho nulla?» «Proprio così.» «E il mese di vita?» «Fraintendimento.» «E i sei mesi?» «Fraintendimento doppio.» «E l’anno?» «Archivio elettronico.» «E la les…» «Lesione? Mai esistita. Volevo dire leggerissima variazione, poi il treno ha fatto un rumore mostruoso e ho perso il filo.» Il signor Malesani respirò, finalmente, come se fino a quel momento avesse inspirato aria con il contagocce. «Quindi… posso considerarmi… sano?» «Sano come un pesce, Malesani. E a proposito…» Nuovo fruscio. Un rumore sordo. Poi: «…pesce… morto…» 

Il signor Malesani lanciò un urlo degno di un melodramma barocco. «MORTO?» «Che morto! Stavo dicendo: “Pesce… morto di invidia”. È un’espressione che uso quando uno sta benissimo. Ma lasci perdere, ogni volta che parlo entra un tunnel.» Il paziente chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie. «Dottore… posso chiederle un favore?» «Certo.» «Non mi telefoni mai più mentre è in galleria.» «Ha perfettamente ragione. Anzi, ho un’ultima cosa da aggiungere…» Il signor Malesani sogghignò, ormai pronto a qualunque apocalisse telefonica. «Dica pure.» «Il suo stress è alle stelle. Le consiglio qualche giorno di vacanza.» «Pos… negativo?» chiese Malesani, per sicurezza. 

Il medico rise. «Positivissimo.» E la linea, per la prima volta in tutta la giornata, si chiuse in maniera perfetta e limpida. Come un esito veramente negativo, quindi finalmente positivo!

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