lunedì 13 settembre 2010

Combatti la stitichezza con lo scialatiello - Pt 2: "le tentazioni della carne.. di porco" - di Mata Hari



L'ultima volta abbiamo dato uno sguardo all'impatto che hanno sulla cosentinità le tendenze più recenti in fatto di alimentazione, lasciando Nunzia in piena conversione ad un vegetarianesimo quanto meno sospetto. C'era di mezzo Ercolino?

In realtà Nunzia, poiché da un po' si contendeva con Mariafrancesca Piluso - fisioterapista e fanatica dell'oriente - i favori di un aitante infermiere di Chirurgia Falcone di nome Fausto, si era votata alla causa salutista con l'entusiasmo di una pasionaria della bistecca di soia, di una paladina sventolante lo stendardo del sacro cavolfiore.

Si era perciò iscritta simultaneamente ad un corso di yoga e a uno di danza afro -non c'erano corsi di danza del ventre in zona- per dimostrare alla rivale che anche lei era in grado di armonizzare spirito e carne senza che i due ingredienti dovessero combinarsi necessariamente in un filetto flambé. Per un periodo era stata l'invidia di tutte le sue amiche: così serena, così equilibrata, così leggera nella mente quanto nel corpo(!) grazie alla dieta strettamente vegan. A dire il vero la poverina, che aveva resistito seriamente e non senza sacrificio per quasi tre mesi, da un po' aveva ceduto alla tentazione della carne: zia Carmelina di Longobucco, ignorando le più recenti abitudini alimentari di Nunzia, le aveva mandato una busta piena di soppressate stagionate, un chilo di vujularo e altre leccornie casarule del genere.

La povera Nunzia non se l'era sentita di fare uno sgarro così brutto a zia Carmelina rifiutando i suoi doni, e aveva passato un paio d'ore buone a piantonare la dispensa, prima di iniziare a masticare in lacrime una fetta di pane spalmato di 'nduja. Dopo due settimane di menzogne culinarie, Nunzia aveva dato fondo alla creatività della sua mente criminale. Si era fatta molto opportunamente invitare a cena a casa di un influente uomo politico di un paese della presila, che chiameremo Dr. Sugna, trascinandosi dietro Luigina: la ditta boschiva per la quale questa lavorava doveva -tra concessioni demaniali e appalti al phard- più di un favore al nostro politicante, perciò Luigina non avrebbe mai osato fargli una scortesia. E fu così che alle 20,30 di una nebbiosa domenica sera di Dicembre, le due fanciulle avevano bussato alla porta della casella di campagna del Dr. Sugna. Questo era venuto personalmente ad aprire loro la porta con indosso un lercio sinalicchio fiorato e le mani unte, da cui il soprannome.

Appena l'odore che emanava dai calderoni ribollenti aveva colpito le sue narici, Luigina aveva iniziato a ventare la tragedia: "mo' ni offranu pane cu frisuli e ssa ciota ci dicia ca li fa schifu" e immediatamente aveva rivolto a Nunzia uno sguardo ibrido tra l'odio e la supplica. Dal canto suo Nunzia, il cui piano stava funzionando a meraviglia, subito aveva bisbigliato: "Oi Lù, a me hanno detto che era una cena, chi ni sapìa io ca era nu puorcu, mo' questo ci tiene!" e guadagnandosi la sempiterna gratitudine di Luigina, aveva accettato volentieri di assaggiare un pezzo di pitta cu 'mpastu 'i sazzizza e vruocculi, "cchiù vruocculi, però! e comunque ssu vinu spunta nu pocu, e unn'u dicu ppi provocà! ".

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