lunedì 12 settembre 2011

Tiramisù, spleen & caffè solubile


Il rumore della notte annulla i miei pensieri, a tremila chilometri di distanza ripenso a tutte le pinte versate, al calore e alle parole che ho tenuto dentro per paura d’inchiodare nel passato un attimo di Passione. Lei è stata spietata ma sincera, ed io sono stato sempre più attratto, con suo glorioso masochismo epico. Romantico.

La voce di Beth Orton danza con trasporto sul pianoforte di Dr John, mentre il Regista cattura la luce e il calore emanati da Quella stanza, in grado di avvolgere e squassare un dolore immane. Distillato di lacrime guarnito con ciliegie sotto spirito. Una zolletta d’amarena e la sua poetica da due soldi a stringere alleanza.

A farmi sentire meno solo, cercando di capire, di obliare un cattivo ricordo ancora fresco: un’altra piccola cicatrice, stavolta invisibile mi arricchisce la sagoma. Proverò a trattenere il fiato nella speranza di porre in apnea anche i miei pensieri nefasti, come un Nostromo che si vede decimato il proprio equipaggio. Ripenserò un'ultima volta alle sue calze arancioni, affascinanti ma inappropriate alla nostra "situazione"; forse simbolo di una frivolezza ostentata più che autentica. Mi piaceva tutto di lei.

Sono solo un accento del sud come tanti. Freddo e umidità attraversano questo giubbotto di resina e dolore. Sento freddo ma non di meno ho smesso di preoccuparmi della sua salute. Eseguo una marcia forzata, dai muscoli fino alle ossa, dentro un respiro gonfio e asmatico, di tabacco e alcool consumato in solitudine. La fermata del bus dista ancora qualche metro. Ogni mattina era il solito tragitto. Il vento tagliava il mio sguardo da finto duro. Lo stomaco in subbuglio, una fitta sul lato sinistro del petto, eppure ero completamente svuotato dalle viscere e da tutti gli organi interni, proprio come uno di quegli animali imbalsamati.

(agosto 2008)

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